Calcolare la pensione dal 2023: quali fattori influenzano l’importo finale?

 

 

Calcolare la pensione o almeno provarci è uno dei topic più ricercati online, visto che molti italiani incontrano enormi difficoltà nel raggiungere il traguardo della pensione, che sembra essere sempre più lontano a causa delle continue riforme

 

Calcolare la pensione

Calcolare l’età pensionabile e il reddito della pensione è diventato un compito complicato. Per poterla calcolare in modo accurato è fondamentale comprendere la differenza tra il sistema contributivo e il sistema retributivo. Questi regimi pensionistici non solo influenzano l’importo dell’assegno mensile, ma anche l’età pensionabile.

Nel sistema contributivo, l’assegno mensile viene calcolato in base ai contributi effettivamente versati dal lavoratore durante la sua vita lavorativa. Il “montante contributivo” accumulato viene convertito in rendita in base all’età del pensionamento e alle aspettative di vita.
Nel sistema retributivo, invece, l’assegno mensile è calcolato sulla base delle ultime retribuzioni percepite dal lavoratore. Questo sistema è generalmente più vantaggioso per il pensionato.

Le conseguenze delle riforme

Il sistema pensionistico italiano ha subito diversi cambiamenti nel corso degli anni. Fino al 1995, il sistema vigente era quello retributivo, ma a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita, divenne troppo costoso per le casse dello Stato. Fu così introdotto un sistema misto mediante la Riforma Dini.
Tuttavia, anche questo sistema venne considerato eccessivamente oneroso e nel 2011, attraverso la Riforma Fornero, fu adottato il sistema contributivo. Ciò comportò un aumento dell’età pensionabile e una riduzione degli assegni previdenziali per i pensionati italiani.

Il nuovo sistema misto

Attualmente, ci troviamo di fronte ad un nuovo sistema misto. Per i lavoratori che avevano accumulato almeno 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995, si applica il metodo retributivo per gli anni fino al 31 dicembre 2011 e il contributivo per gli anni successivi. Mentre, per i lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, si applica il retributivo fino al 1995 e il contributivo per gli anni successivi.

 

Come calcolare la pensione

Il calcolo dell’importo della pensione dipende da molti fattori che sono strettamente legati al lavoratore, tra cui:

  • Il numero totale di anni di contributi.
  • Gli anni di contribuzione antecedenti il 1996.
  • Gli anni di contributi successivi al 1996.
  • L’età di uscita dal lavoro, a causa dei coefficienti di trasformazione.
  • Le retribuzioni percepite durante la carriera.

Considerando la necessità di avere una base di almeno 38 anni di montante contributivo, sarebbe impossibile andare in pensione con il solo sistema contributivo, dato che sono passati solo 25 anni dal 1996. Pertanto, chi va in pensione o è in procinto di farlo, potrà farlo solo con il calcolo del sistema misto.

Attualmente, il sistema di calcolo della pensione prevede:

  • Il sistema retributivo per i contributi antecedenti al 1996.
  • Il sistema contributivo per gli anni successivi al 1996.

In deroga a questo meccanismo c’è un vantaggio per chi ha una carriera pari o più lunga di 18 anni di versamenti prima del 1996 (per chi ha iniziato a maturare contributi nel 1978). In questo caso, il diritto al calcolo retributivo vale per tutti gli anni di carriera fino al 31 dicembre 2011, mentre per i successivi anni si passa al calcolo contributivo.

Calcolo retributivo e calcolo contributivo

Per calcolare la pensione nel sistema misto, è necessario effettuare il calcolo sia per la parte retributiva che per quella contributiva, separatamente. Ecco come procedere:

  • Calcolo per il sistema retributivo: si calcola la media delle retribuzioni percepite durante la carriera lavorativa e si applica un tasso di circa il 2% per ogni anno di carriera.
  • Calcolo per il sistema contributivo: ogni anno viene accantonata una quota destinata ai contributi. Nel caso dei lavoratori dipendenti, si tratta del 33% della Retribuzione Annua Lorda (RAL).

Il montante

Il montante dei contributi viene poi passato attraverso i cosiddetti coefficienti di trasformazione, che permettono di trasformarlo in un assegno pensionistico. Tuttavia, questi coefficienti variano in base all’età di uscita dal lavoro: più si è giovani, meno favorevoli all’assegno previdenziale sono questi coefficienti.

Una volta effettuati i calcoli per le due parti del sistema misto, bisogna sommare i due risultati per ottenere l’importo complessivo dell’assegno pensionistico. È importante notare che l’età di uscita dal lavoro influisce sulla determinazione del montante contributivo, poiché i contributi accantonati nel corso della vita lavorativa saranno differenti in base all’età di pensionamento.

 

 

Sotto, una tabella che riporta i coefficienti di trasformazioni aggiornati.

Età di pensionamentoCoefficienti
574,186%
584,289%
594,399%
604,515%
614,639%
624,770%
634,910%
645,060%
655,220%
665,391%
675,575%
685,772%
695,985%
706,215%
716,466%

Il calcolatore Inps

L’Inps mette a disposizione un simulatore per calcolare la propria pensione e l’età pensionabile, rendendo più semplice e accessibile il calcolo dell’assegno previdenziale. Per accedere al servizio gratuito, basta visitare il sito ufficiale dell’Inps e accedere alla pagina dedicata a “La mia pensione futura: simulazione della propria pensione“.

Il simulatore si basa sulla normativa in vigore e su tre elementi fondamentali: età, storia lavorativa e retribuzione/reddito. In questo modo, è possibile ottenere una stima coerente dell’importo dell’assegno pensionistico che si potrebbe ricevere al momento del pensionamento.

La possibilità di simulare la propria pensione con facilità rappresenta un importante strumento per pianificare il proprio futuro economico in modo consapevole.

 

A chi è rivolto

L’Inps offre il servizio di simulazione della pensione per vari tipi di lavoratori, tra cui:

  • Lavoratori con contribuzione versata al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
  • Lavoratori con contribuzione versata alla Gestione Separata.
  • Iscritti alla Gestione Dirigenti di aziende industriali.
  • Lavoratori con contribuzione versata agli altri fondi e gestioni amministrate dall’INPS.

La piattaforma offre diverse funzionalità, tra cui la possibilità di controllare i contributi versati in INPS e segnalare eventuali periodi mancanti, conoscere la data di maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata, calcolare l’importo stimato della pensione “a moneta costante“, ottenere una stima del tasso di sostituzione, ipotizzare la sospensione del lavoro, modificare la previsione del PIL futuro e l’andamento retributivo/reddituale annuale e scegliere il fondo su cui basare la simulazione.
Si tratta di un servizio completo e facile da utilizzare, che permette di ottenere una stima precisa dell’importo dell’assegno pensionistico e di pianificare il proprio futuro previdenziale con maggiore consapevolezza.

Diverse ipotesi

Il simulatore permette di calcolare l’importo della pensione sulla base di diverse ipotesi, in modo da avere una panoramica completa della propria situazione previdenziale. È possibile infatti modificare il tasso di crescita del proprio reddito e del PIL futuro, scegliere la data di cessazione dell’attività lavorativa, e confrontare le stime di assegno pensionistico per diversi fondi previdenziali.

In questo modo, è possibile ottenere una stima più precisa e personalizzata dell’importo dell’assegno pensionistico, tenendo conto delle specifiche caratteristiche del proprio profilo lavorativo e previdenziale. Il servizio di simulazione della pensione rappresenta quindi uno strumento utile per pianificare il proprio futuro economico e previdenziale in modo sereno e consapevole.

 

Accessi anticipati

Per coloro che desiderano accedere anticipatamente alla pensione, esiste la possibilità del prepensionamento, che richiede poi un apposito calcolo per determinare l’importo della pensione anticipata. Tra le opzioni disponibili, vi è Quota 100, uno scivolo pensionistico introdotto con la legge di Bilancio 2019 che consente ai lavoratori di andare in pensione con requisiti specifici.

Per accedere a Quota 100, è necessario aver maturato almeno 62 anni di età e aver accumulato un minimo di 38 anni di contributi. Tuttavia, dal 2022 il sistema Quota 100 non sarà più disponibile, poiché il nuovo governo Draghi non è riuscito a trovare le coperture finanziarie necessarie a rinnovarlo. Al suo posto è stato introdotto il sistema Quota 102.
Con la nuova riforma delle pensioni e l’introduzione di Quota 102, i lavoratori autonomi, dipendenti e parasubordinati possono accedere alla pensione rispettando determinati requisiti. È necessario aver maturato almeno 64 anni di età e accumulato un minimo di 38 anni di contributi.

La riforma punta a ridurre l’esodo pensionistico grazie all’innalzamento dell’età anagrafica richiesta per l’accesso alla pensione. Secondo i calcoli della Cgil, l’introduzione di Quota 102 dovrebbe portare a circa 10.000 uscite nel 2022, rispetto alle oltre 100.000 annue registrate con l’introduzione di Quota 100.

 

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Opzione donna: istruzioni e requisiti per ottenere la pensione anticipata 2023

 

 

Inps pubblica la circolare n. 25/2023 con i nuovi requisiti per la pensione anticipata Opzione Donna. Le lavoratrici devono avere 60 anni e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2022 e rispettare i nuovi requisiti soggettivi. La procedura di domanda è disponibile online e la finestra mobile per la decorrenza del trattamento pensionistico varia da 12 a 18 mesi

 

La nuova circolare Inps fornisce istruzioni e chiarimenti per richiedere la pensione anticipata Opzione Donna nel 2023. Le lavoratrici devono soddisfare i nuovi requisiti soggettivi, tra cui assistere un familiare disabile o avere un’invalidità civile del 74%, e i requisiti anagrafici di 60 anni e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2022. Il servizio per le richieste è già disponibile sul sito Inps.

La circolare relativa all’Opzione Donna per il 2023 è stata pubblicata online. In essa, l’Inps spiega i nuovi requisiti per accedere alla pensione anticipata, in seguito alla proroga della legge di Bilancio del 2023. È già possibile effettuare le richieste attraverso il servizio online disponibile sul sito dell’Inps. Sono ammesse alla richiesta le lavoratrici che hanno almeno 60 anni di età e 35 anni di contributi, che siano state licenziate o che siano dipendenti di aziende che hanno un tavolo di crisi aperto presso il Ministero e che assistono da almeno 6 mesi, nonché le persone disabili conviventi o con una disabilità superiore al 74%.

 

Opzione Donna - tabellina riassuntiva

Opzione Donna: i requisiti

A partire dal 2023, l’accesso all’Opzione Donna non sarà più libero e la pensione anticipata sarà riservata solo alle donne che soddisfano i seguenti requisiti:

  • Sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese con tavolo di confronto attivo per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa;
  • Hanno una riduzione della capacità lavorativa accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%;
  • Svolgono assistenza al momento della richiesta di prepensionamento e da almeno sei mesi al coniuge o a un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 104/1992), oppure un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni d’età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Possono fare domanda per l’Opzione Donna le lavoratrici che possiedono:

  • 60 anni d’età (59 con un figlio e 58 con due o più figli);
  • 35 anni di contributi.

Per le donne licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto, l’età pensionabile è di 58 anni, indipendentemente dal numero di figli.

Tutti i requisiti per l’Opzione Donna devono essere soddisfatti entro il 31 dicembre 2022 per accedere alla prestazione.

 

Opzione donna, quando presentare la domanda

Le finestre mobili previste

Per l’Opzione Donna sono previste delle finestre mobili per la decorrenza del trattamento pensionistico in base al tipo di forma previdenziale a cui il trattamento è a carico.

  • Nel caso in cui il trattamento sia a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, le lavoratrici riceveranno la pensione dopo 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi.
  • Nel caso in cui il trattamento sia a carico delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi, le lavoratrici riceveranno la pensione dopo 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi.

Tuttavia, il trattamento pensionistico non può essere decorrente prima del 1° febbraio 2023 per le lavoratrici dipendenti e autonome la cui pensione è liquidata a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima. Per le lavoratrici dipendenti la cui pensione è liquidata a carico delle forme esclusive della predetta assicurazione generale obbligatoria, la decorrenza non può essere anteriore al 2 gennaio 2023.

Va comunque precisato che, se i requisiti sono stati maturati entro il 31 dicembre 2022, il trattamento pensionistico può essere ricevuto anche oltre la prima data di decorrenza utile.

Quando presentare domanda

Per l’Opzione Donna, la domanda di pensionamento anticipato può essere presentata in qualsiasi momento successivo alla maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2022. Ciò significa che non solo nel 2023, ma anche negli anni successivi come il 2024 o il 2025.

Inoltre, poiché la verifica dei “requisiti soggettivi” indicati dalla norma viene effettuata al momento della presentazione della domanda di pensionamento, sarà possibile fruire del pensionamento anticipato anche se questi requisiti si verificano in anni successivi.

Per esempio, se una lavoratrice ha 60 anni e 35 anni di contributi al 31 dicembre 2022, potrà scegliere l’Opzione Donna anche se successivamente al 31 dicembre 2022 le viene riconosciuta un’invalidità civile di almeno il 74%. Lo stesso vale per una lavoratrice con 58 anni e 35 anni di contributi al 31 dicembre 2022, il cui tavolo di confronto al Ministero dello Sviluppo Economico si apra nel 2024 o nel 2025.

 

Per l'Opzione Donna sono previste delle finestre mobili per la decorrenza del trattamento pensionistico

Come fare domanda

Per fare richiesta dell’Opzione Donna, è possibile utilizzare la procedura online già disponibile sul sito dell’INPS, accedendo con le credenziali SPID, CIE o CNS. In alternativa, è possibile utilizzare il contact center o rivolgersi ai Patronati. Durante la fase di domanda, è necessario allegare la documentazione richiesta.

Le lavoratrici che inoltrano la domanda di pensionamento anticipato devono allegare la documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti. Nel caso di lavoratrici caregiver, è necessario compilare un’autodichiarazione in cui si attesta di assistere e convivere da almeno sei mesi con un soggetto affetto da handicap grave, tra quelli indicati dalla legge, fornendo i dati anagrafici, gli estremi del verbale e il relativo documento, se non in possesso dell’INPS.

Se l’handicap è stato riconosciuto tramite decreto di omologa o sentenza, è necessario segnalarlo nel campo “note” della domanda e allegare il dispositivo del decreto. L’accertamento provvisorio e il certificato provvisorio sono equiparati al verbale, a condizione che il verbale definitivo confermi il giudizio di handicap grave. In caso contrario, la pensione anticipata potrebbe essere revocata. Per la documentazione relativa alle patologie oncologiche e alla sindrome di Down, si fa riferimento alla circolare n. 33/2018, paragrafo 3, punti 7 e 8. Anche i caregiver che assistono parenti o affini di secondo grado devono allegare autodichiarazioni e documenti.

 

 

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Red.

 

Il declino dell’economia italiana: l’assistenzialismo uccide i sogni di pensionamento

 

 

Il problema dell’assistenzialismo in Italia: produce costi elevati e mostra la mancanza di una strategia globale atta a mantenerlo. Ma la coperta diventa sempre più corta

 

Il sistema pensionistico italiano: una sfida per la sostenibilità e l’aumento della spesa assistenziale

Il decimo Rapporto di Itinerari Previdenziali sul sistema pensionistico italiano, basato su dati del 2021, evidenzia un aumento del numero dei pensionati a 16,099 milioni. Tuttavia, anche il mercato del lavoro mostra segnali di ripresa con 27.884.000 occupati, portando il rapporto tra occupati e pensionati a 1,4215. Questo valore, sebbene inferiore al record storico del 2019 di 1,4360, resta sotto il limite di sostenibilità previsto di 1,5.

Un dato preoccupante evidenziato dal rapporto è l’aumento esponenziale della spesa assistenziale, che nel 2021 è salita a 144 miliardi di euro, in crescita di oltre 71 miliardi rispetto al 2008. Questo indica una crescente dipendenza dall’assistenza e rappresenta una sfida per il sistema pensionistico italiano.

In altre parole, l’aumento della spesa assistenziale non ha fatto altro che mascherare il problema della povertà, senza risolverlo realmente. Inoltre, questo aumento della spesa ha messo a rischio la sostenibilità del sistema previdenziale, con un rapporto tra occupati e pensionati ancora sotto il limite di sostenibilità.

I dati mostrano, inoltre, che nonostante l’economia italiana sia in ripresa dopo il tracollo del 2020, il mercato del lavoro non è migliorato significativamente, con solo un aumento di del numero dei pensionati e un significativo aumento dei poveri.

In conclusione, l’economia italiana è in una situazione precaria, con un sistema previdenziale a rischio sostenibilità, un mercato del lavoro debole e un aumento della povertà nonostante una crescita della spesa assistenziale. Serve una riforma del sistema previdenziale e una maggiore attenzione alla crescita economica per risolvere questi problemi e garantire un futuro sostenibile per il nostro Paese.

Al 2022, questo il dato continuava ad essere questo. L’assistenzialismo da solo ha generato povertà, frenando la crescita dell’economia italiana.

assistenzialismo e pensioni: la coperta è sempre più corta

Se l’assistenzialismo diventa una strategia a vuoto

Il problema dell’assistenzialismo in Italia non è solo nei costi elevati, ma anche nella mancanza di una strategia globale. Molti italiani si sentono penalizzati dalle politiche assistenziali, in quanto vedono i loro contributi e il loro lavoro messi in secondo piano rispetto ai benefici dati a chi ne ha meno. Inoltre, l’assistenza è stata distribuita in modo disordinato, senza una visione d’insieme, creando così solo ulteriore frustrazione tra i cittadini.

Invece di concentrarsi su chi rende possibile l’aiuto ai bisognosi, lo stato italiano ha generato una divisione tra i cittadini. Inoltre, i metodi di assistenza utilizzati appaiono dannosi. Le prestazioni previdenziali di natura assistenziale ammontavano nel 2021 a quasi 26 miliardi di euro, pari all’1,5% del PIL. Questa spesa continua a essere considerata tra quella per le pensioni, generando un’impressione ingannevole in Europa riguardo alla quantità di denaro che spendiamo per questa voce di bilancio. Ci riferiamo a assegni per invalidità civile, sociali, di guerra, indennità di accompagnamento, integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, quattordicesime e importi aggiuntivi.

La distinzione tra previdenza e assistenza può fare chiarezza, nonostante sia più complessa di quanto pensato. Tuttavia, la realtà è che spendiamo l’8% del PIL per un assistenzialismo poco efficace. Le famiglie a basso reddito rimangono tali e la percentuale di occupazione nel sud non raggiunge il 45% contro il 66% del nord. Lo Stato ha trascurato il fatto che il modo migliore per aiutare un individuo è attraverso un lavoro. Servono politiche attive ed efficaci, altrimenti la mucca che stiamo sfruttando fino all’esaurimento morirà e resteremo tutti senza latte.

 

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Quota 103 e Opzione donna: come funziona la pensione anticipata

 

 

Ecco i vari requisiti di Quota 103 e Opzione donna, secondo la bozza e le dichiarazioni del governo Meloni: come funziona dal 2023 la pensione anticipata

Quota 103

Il suo nome ufficiale è “pensione anticipata flessibile” ed è l’articolo 51 del disegno di Legge di Bilancio che il governo Meloni sottoporrà alle Camere: per tutti, è già diventata Quota 103. Quali sono le regole per accedere alla nuova finestra di pensionamento anticipato che permette di uscire, senza penalizzazioni, dallo schema della legge Fornero? Significativamente diverse, rispetto a quelle della misura che per quest’anno l’ha preceduta, Quota 102.

 

  • A chi si rivolge: Ai dipendenti pubblici (escluse forze armate, polizia, vigili del fuoco e guardie di finanza) e ai lavoratori privati autonomi e dipendenti.
  • Requisito anagrafico: Almeno 62 anni di età, compiuti entro il 31 dicembre 2023. Il requisito, rispetto a Quota 102, scende di due anni.
  • Requisito contributivo: Almeno 41 anni di contributi versati, cumulabili anche da diverse gestioni previdenziali. Rispetto a Quota 102 si sale di tre anni.
  • Quando viene erogato l’assegno: Per chi ha maturato i requisiti prima della fine del 2022, il trattamento pensionistico decorre dal 1° aprile 2023. Per chi lo dovesse maturare nel corso del prossimo anno, la pensione scatta tre mesi dopo la decorrenza dei termini.
  • Limitazioni all’assegno: per tutto il periodo che riguarda l’anticipo pensionistico rispetto alla maturazione dei requisiti generali della legge Fornero (67 anni) l’assegno non potrà superare di cinque volte il valore il trattamento minimo previsto a legislazione vigente (al momento il tetto è pari a circa 2675 euro). Come per tutti i pensionati, sarà impossibile percepire redditi da lavoro al di fuori dei rapporti occasionali entro il tetto del 5mila euro annui.

 

i vari requisiti di Quota 103 e Opzione donna, secondo la bozza e le dichiarazioni del governo Meloni

 

Tirando le somme, Quota 103 risulta un provvedimento complessivamente meno generoso rispetto a quelli che l’hanno preceduto.Quota 103 non è Quota 102 più uno: è una misura diversa, che prevede una platea molto meno ampia, a causa del numero minimo di anni di contribuzione richiesti: 41 invece dei precedenti 38. Una misura molto più vicina agli attuali requisiti di pensione anticipata, pari a 41 anni e 10 mesi per le lavoratrici ed un anno in più per i lavoratori”, ha dichiarato a We Wealth Andrea Carbone, ideatore del laboratorio di ricerca previdenziale Smileconomy. “Di conseguenza, è possibile anticipare di al massimo uno/due anni il momento della pensione, con una riduzione dell’assegno pensionistico fino al 6%. Per i redditi medio-alti, dai 3.500 euro netti al mese in su invece la penalizzazione sarà molto superiore: nell’ordine del 20%-25% della pensione. Ma solamente per gli anni dell’anticipo rispetto alle normali regole: poi l’assegno tornerà quello normale”.

Opzione donna, come funziona (a quanto si sa finora)

Su Opzione donna, prevista all’articolo 54 della bozza fatta circolare fra i media, i dettagli non sono ancora scritti nero su bianco: lo spazio è ancora vuoto. Ma le direttive politiche della proroga con modifiche sono già state rese note dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Per il 2023 le donne potranno andare, stando a queste indicazioni, con i seguenti paletti:

  • Requisito anagrafico: Almeno 60 anni di età, 59 per le donne con un figlio, 58 per quelle con due (o più).
  • Limitazioni: L’assegno ricevuto tramite il pensionamento anticipato Opzione donna prevede una decurtazione che può arrivare al 30%, tramite il ricalcolo interamente con sistema contributivo dell’assegno.

Quota 103 probabilmente sarà meno interessante per le lavoratrici, perché consente al massimo 10 mesi di anticipo rispetto ai normali requisiti. Con Opzione donna le cose invece cambiano: andare in pensione tra i 58 ed i 60 anni, in funzione del numero dei figli, comporta un drastico cambiamento nei tempi della propria vita”, ha commentato Carbone. “Ciò porta però il dilemma tra tempo e risorse: il ricalcolo integralmente contributivo della pensione porta ad assegni pensionistici inferiori anche di un terzo. Meglio andare in pensione 7 anni prima, ma con un terzo di assegno in meno, o attendere 7 anni per avere la pensione piena?”, ha dichiarato l’esperto, “ogni lavoratrice, in funzione della propria condizione economica e dei propri progetti e sogni di vita avrà la propria risposta”.

In sintesi le iniziative previdenziali del governo, che includono anche la proroga senza modifiche dell’Ape sociale, sono più o meno generose rispetto a quelle precedenti? “Le nuove regole per il 2023 riflettono quello che probabilmente era possibile fare all’interno dei vincoli di spesa e degli spazi previsti in manovra”, ha commentato Carbone, “siamo ancora una volta di fronte ad una misura una tantum, temporanea, che nasce per aiutare chi, nel 2023, sarà prossimo alla pensione. Ma per tutti gli altri lavoratori esclusi da queste misure, ogni altra novità sarà rimandata al 2024 quando, forse, nel frattempo sarà stata realizzata una riforma più complessiva che possa andare nella direzione della flessibilità, ma nel rispetto degli equilibri di spesa pensionistica e di bilancio”, ha affermato l’economista.

Per tutti, nell’attesa, rimane valido il consiglio di sempre: iniziare, da subito, a pianificare la propria serenità e stabilità economica futura, attraverso le opportune strategie previdenziali e di investimento”.

 

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we-wealth.com
Alberto Battaglia

 

Rivalutazione delle pensioni: nel 2023 previsti aumenti del 7,3%

 

 

Gli aumenti previsti per l’adeguamento delle pensioni all’inflazione da gennaio 2023 sono stati fissati. La rivalutazione delle pensioni è del +7,3%.

 

La rivalutazione delle pensioni 2023

Con un comunicato sul sito del ministero, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha annunciato la firma del decreto che dispone a partire dal 1 gennaio 2023 un adeguamento delle pensioni pari al 7,3%.

L’aumento, come previsto dalla normativa vigente, è stato calcolato sulla base della variazione percentuale che si è verificata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall’Istat il 3 novembre 2022.

Parte della rivalutazione delle pensioni, per quelle fino a 2692,32 euro mensili è già stato anticipato sin dal mese di ottobre nella misura del 2% eccezionalmente prevista dal Governo con decreto Aiuti bis.

Per i soggetti interessati quindi la perequazione a gennaio 2023 spetterà per la quota rimanente. Per i dettagli applicativi comunque si deve attendere la publicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale e le successive istruzioni INPS.

Da tenere conto anche che l’indice ISTAT preso in considerazione non è definitivo quindi ci potrebbe essere un ulteriore conguaglio se l’inflazione quest’anno continuerà a salire.

Le prestazioni interessate dalla rivalutazione delle pensioni annuale come sempre sono quelle memorizzate nel Casellario centrale delle pensioni, anche erogate da enti diversi dall’Inps.

Restano escluse invece 

  • le prestazioni a carico delle assicurazioni facoltative, delle pensioni a carico del fondo clero,
  • l’indennizzo per cessazione dell’attività commerciale che vengono perequate singolarmente;
  • le prestazioni a carattere assistenziale (Assegno sociale AS, Pensione Sociale PS, Invalidità civile INVCIV) e delle pensioni che usufruiscono dei benefici previsti per le vittime di atti di terrorismo e delle stragi, che vengono rivalutate con criteri propri;
  • le prestazioni di accompagnamento a pensione  come ape sociale e assegni dei fondi bilaterali, che non vengono rivalutate per tutta la loro durata;
  • pensioni di vecchiaia in cumulo a formazione progressiva, per le quali non siano stati utilizzati tutti i periodi assicurativi accreditati

 

adeguamento delle pensioni all'inflazione

 

Importo aumenti pensioni 2023 per scaglioni

Vale la pena ricordare che:

  • la rivalutazione delle pensioni viene effettuata sulla base del cosiddetto cumulo perequativo, considerando come un unico trattamento tutte le pensioni di cui il soggetto è titolare,
  • la perequazione non si applica per l’intero indice ISTAT su tutti gli assegni, bensi con il meccanismo progressivo previsto dalla legge 448/1998 (e succ. modd.), ovvero:
    • nella misura del 100% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a quattro volte il trattamento minimo INPS;
    • nella misura del 90% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo INPS;
    • nella misura del 75% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il predetto trattamento minimo.

In sostanza si dovrebbe trattare:

  • per gli assegni delle pensioni minime, di 38 euro mensili netti in più
  • per le pensioni da 1000 euro, circa 75 euro mensili netti in più
  • per le pensioni da 2000 euro, circa 100 euro netti in più
  • per le pensioni da 2500 euro lordi, circa 111 euro di aumento
  • per le pensioni da 4000 euro lordi, circa 150 euro di aumento.

 

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Come mettere da parte il 15% dello stipendio per una pensione complementare anche se non guadagni tanto

 

 

Mettere da parte il 15% dello stipendio per la pensione anche se non si guadagna tanto è possibile. Ecco come fare.

 

Una pensione complementare

La pensione per molti è ancora un traguardo lontano. Eppure, a differenza di quanto si possa pensare, è opportuno già volgerci un occhio di riguardo. Questo in quanto, così come si evince dagli ultimi dati resi noti dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale che hanno messo in luce la scomoda verità sui trattamenti pensionistici, si rischia di dover fare i conti con un importo particolarmente basso.

Proprio l’ammontare del trattamento pensionistico, in effetti, risulta essere il più delle volte inadeguato alle esigenze personali dei soggetti interessati, che finiscono spesso per riscontrare delle serie difficoltà nel riuscire ad arrivare alla fine del mese.

A tal proposito, quindi, interesserà sapere che è possibile mettere da parte il 15% dello stipendio per la pensione, anche nel caso in cui non si guadagni tanto. Ecco come fare.

Come mettere da parte il 15% dello stipendio per la pensione anche se non guadagni tanto

Abbiamo già avuto modo di vedere assieme che assicurarsi una vecchiaia serena con la pensione complementare è possibile. Oggi, invece, vedremo come fare a mettere da parte il 15% dello stipendio, in modo tale da avere qualche euro da parte a cui attingere in caso di necessità.

A tal fine, è bene sottolineare, la parole chiave è risparmio. Ebbene sì, è sufficiente cambiare alcune abitudini quotidiane, evitando inutili sprechi di denaro, per riuscire a costruire una pensione adeguata alle proprie necessità.

In particolare si consiglia di seguire le orme dei cosiddetti “super risparmiatori“. Così, infatti, sono stati definiti da un recente studio, così come riportato sul sito nicolaporro.it, i soggetti che versano contributi previdenziali pari ad almeno il 15% della loro retribuzione o il 90% o più del massimo consentito.

 

risparmiare con la regola del 50-30-20. Pensione complementare

 

Il profilo dei super risparmiatori

In genere, come si evince sempre dallo studio in questione, si tratta di persone con un reddito che va da minimo 35 mila fino ad arrivare a superare quota 500 mila euro. Tuttavia è possibile raggiungere lo stesso risultato anche nel caso in cui si percepiscano dei redditi di importo inferiore.

Lo studio in questione, viene riportato, è stato realizzato su 1.120 persone con un’età compresa tra 18 e 57 anni di età, tutti quanti in grado di soddisfare pienamente il requisito di “super risparmiatori“. Ma cosa fanno quest’ultimi per riuscire a risparmiare un bel po’ di soldi?

Ebbene secondo gli esperti, come già detto, per ottenere lo stesso risultato, anche quando non si guadagnano cifre stratosferiche, è sufficiente apportare dei piccoli cambiamenti alle abitudini quotidiane e al proprio stile di vita. Questo al fine di riuscire a vivere una pensione all’insegna della tranquillità economica.

Cosa fanno i super risparmiatori

Lo sanno bene, appunto, i super risparmiatori che proprio per raggiungere tale tranquillità evitano di sperperare il denaro, investendolo nel risparmio per una pensione supplementare. In base a quanto si evince dallo studio poc’anzi citato, infatti, la maggior parte di loro guida vecchie auto. Ma non solo, il 40% degli intervistati viaggia molto meno di quanto desideri, mentre il 39% ha fatto sapere di avere una casa modesta.

Il 69% dei super risparmiatori afferma di non preoccuparsi di “stare al passo con la moda”, prediligendo, invece, acquistare solo quanto davvero necessario. La volatilità del mercato azionario, inoltre, non ha minimamente destato preoccupazione nei super risparmiatori. Anzi, per la maggior parte di loro questa situazione si rivela essere un’importante opportunità per acquistare azioni senza spendere cifre da capogiro.

L’importanza di cambiare le proprie abitudini per una pensione all’insegna della tranquillità

Se è pur vero che la maggior parte delle persone, purtroppo, riscontra delle serie difficoltà nel riuscire a far fronte alle varie spese, dall’altro canto non si può fare a meno di pensare come per molti in realtà sia sufficiente cambiare semplicemente le proprie abitudini di spesa. Quante volte, in effetti, ci ritroviamo a comprare oggetti che non ci servono o accedere a servizi che poi non sono in grado di soddisfare le proprie aspettative?

Le buone abitudini economiche non sono troppo lontane dalle buone abitudini alimentari”, fanno sapere molti consulenti finanziari. E in effetti, proprio prestando attenzione a dove spendiamo i nostri soldi, possiamo metterne da parte un bel po’. Denaro che è possibile destinare proprio ai contributi o comunque a una pensione complementare, che si rivelerà pertanto utile in futuro, quando in molti ci ritroveremo a dover fare i conti con importi particolarmente esigui.

 

pensione complementare

 

La previdenza complementare è prevista anche dallo Stato

La previdenza complementare, disciplinata dal D.lgs. 5 dicembre 2005 n. 252, rappresenta il secondo pilastro del sistema pensionistico il cui scopo è quello di integrare la previdenza di base obbligatoria o di primo pilastro. Essa ha come obiettivo quello di concorrere ad assicurare al lavoratore, per il futuro, un livello adeguato di tutela pensionistica, insieme alle prestazioni garantite dal sistema pubblico di base.

La pensione complementare si basa su un sistema di previdenza complementare incaricata di raccogliere il risparmio mediante il quale, al termine della vita lavorativa, si potrà beneficiare di una pensione integrativa.

La posizione individuale del lavoratore risulta costituita dai contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro alla forma pensionistica complementare e dai rendimenti ottenuti, al netto dei costi, attraverso l’investimento sui mercati finanziari dei contributi stessi. Essa è ovviamente collegata, oltre che all’ammontare dei contributi versati e dei rendimenti ottenuti, alla durata del periodo di versamento.

Sono previste, inoltre, una serie di agevolazioni fiscali, riconosciute anche a favore dei familiari fiscalmente a carico, che rappresentano una ulteriore opportunità di risparmio.

Destinatari (art. 2 del D.lgs. n. 252/2005)

I destinatari dei fondi pensione sono:

  • i lavoratori dipendenti, privati e pubblici;
  • i soci lavoratori e i lavoratori dipendenti di società cooperative di produzione e lavoro;
  • i lavoratori autonomi e i liberi professionisti;
  • persone che svolgono lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari;
  • lavoratori con un’altra tipologia di contratto (ad es. un lavoratore a progetto o occasionale).

 

pensione complementare

 

Tipologia dei fondi

Sono forme pensionistiche complementari: i fondi pensione negoziali, i fondi pensione aperti, i piani individuali pensionistici e i fondi pensione preesistenti.

  • I fondi chiusi (art. 3 del D.lgs. 252/2005) di origine “negoziale”, sono forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale.
  • I fondi aperti (art. 12 del D.lgs. 252/2005) sono forme pensionistiche complementari istituite da banche, imprese di assicurazioni, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM).
  • I Piani pensionistici individuali (PIP) (art. 13 del D.Lgs. 252/2005), rappresentano i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale. Le regole che li disciplinano non dipendono solo dalla polizza assicurativa ma anche da un regolamento basato sulle direttive della COVIP. Lo scopo è garantire all’utente gli stessi diritti e prerogative analoghi alle forme pensionistiche complementari.
  • I fondi pensione preesistenti. Si tratta dei fondi pensione già esistenti al 15 novembre 1992, ovvero prima del Decreto legislativo del 21 aprile 1993, n. 124 (provvedimento abrogato dal D.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252) che ha istituito la previdenza complementare. Questi fondi hanno caratteristiche proprie che li distinguono dai fondi istituiti successivamente. Possono, ad esempio, gestire direttamente le risorse senza ricorrere a intermediari specializzati. Si tratta di Fondi collettivi per i quali l’adesione dipende da accordi o contratti aziendali o interaziendali.

La gestione degli investimenti punta alla sicurezza

Le forme di pensione complementare, nella gestione degli investimenti, sono tenute al rigoroso rispetto di regole di prudenza, definite per legge. Tali regole devono tener conto della finalità previdenziale e non speculativa dell’investimento stesso. Inoltre tutti gli investimenti devono essere adeguatamente diversificati ed effettuati tenendo conto dei limiti indicati dalla normativa in vigore.

 

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InvestireOggi
1 ottobre 2022
Veronica Caliandro