A proposito di... crediti deteriorati

A proposito di… crediti deteriorati

I crediti deteriorati

La cattiva allocazione dei prestiti è tra le cause delle crisi a cui stiamo assistendo. Le banche dovrebbero tornare a far bene il loro mestiere di finanziatori di imprese e famiglie, prima di tutto il resto

A proposito di crediti deteriorati… la iper-capitalizzazione della banca sintetizzata dal CET1 che viene genericamente divulgata con la formula: “più elevato è questo numero percentuale più la banca è solida e dunque appetibile”, può essere letta anche al contrario.

Invece che essere la panacea di “solidità”, se troppo elevata, questa misura può essere addirittura un fattore di indotta debolezza della banca.

E questo perché inevitabilmente l’ipercapitalizzazione programmata dalla normativa detta di “Basilea 3” induce un extra-costo dato che l’aggiunta di capitale, posizionando l’asticella del CET1 al 10,25%, non è gratuita ma ha un costo di capitale di rischio, altrimenti nessun investitore investirebbe nel capitale della banca.

Da questo punto di vista la profittabilità prospettica di un investimento in azioni bancarie viene minata alla base proprio dal costo aggiunto per l’indotta iper-capitalizzazione.

Il peso dei crediti deteriorati

La supposta panacea della iper-capitalizzazione tende a mascherare invece un altro e diverso problema profondamente radicato ed accumulato nel recente decennio che è appunto l’inciampo di qualità e professionalità della banca nell’erogare credito, da cui i crediti deteriorati.

Infatti il sistema bancario nazionale (ma non solo quello nazionale) ha costruito nel tempo (e non solo recentemente) una imponente zavorra di crediti ammalorati o crediti deteriorati (più di 350 miliardi di crediti deteriorati) tra i quali oltre 200 miliardi di sofferenze (il 16% come ricordato nell’articolo).

Questa zavorra delle banche deriva certamente da una gestione del sistema del credito almeno nell’ultimo decennio penosamente strabica.

Esse hanno concesso crediti (divenuti poi crediti deteriorati) con grave assunzione di rischio ed addirittura mancanza di adeguate garanzie soprattutto da imprenditori e soggetti vicini ed anche, in alcuni casi, personalmente collegati a membri del board della banca (valga ricordare il caso Zalewsky come pennnellato dall’articolo del Sole 24 Ore dal titolo “Zalewsky story: come perdere 2 miliardi dopo aver avuto prestiti dalle banche italiane per 9 miliardi“).

 

 

Ma il fenomeno di aberrazione cromatica del credito a seconda del colore politico o relazionale è vasto, variegato e si è profondamente radicato nei board bancari, tanto che questa questione avrebbe dovuto indurre da tempo il controllore Banca d’Italia ad interventi puntali, precisi, nel merito e non ritardatari e, alla fine, addirittura inconsistenti per la preservazione della solidità della banca stessa come le quattro banche recentemente fallite hanno dimostrato.

E chi parlava pubblicamente di “solidità” e di “diversità” positiva del sistema delle banche italiane rispetto ad altre banche straniere che, trovatesi in crisi hanno ricevuto ampio supporto pubblico, si è assunto di fatto la responsabilità reputazionale di aver dimostrato o di ignorare le problematiche delle banche italiane o, il che è peggio, di mascherarle tanto da aver fatto accrescere la magagna, che ora scoppia nel momento peggiore di una irrisolta crisi economica e più imbrigliato dalle normative europee.

D’altro verso le banche, di manica larga con i grandi diventavano sempre più arcigne con i piccoli, anche con rincari e vassazioni (il pluricitato dalla stampa ricatto fatto da alcune banche alla sottoscrizione di titoli o azioni per la contropartita di erogazione del credito), e valga l’annosa questione dei tassi che complessivamente considerati anche con i costi di contorno sforavano i già elevati tassi di usura per come calcolati dalla Banca d’Italia.

Tra imprevidenza e crisi economica

Quindi, uno stato di sofferenza per la concomitante crisi economica, imprevidenza imprenditoriale e l’aggravante azione bancaria volta miopicamente all’autotutela più che alla ricerca di soluzioni intelligentemente sostenibili.

Dunque si è verificato un forte accumulo di sofferenze dovute a crediti deteriorati nel tempo.

Appare dunque parziale la sola osservazione del dato puntuale di sofferenze dell’ultimo bilancio disponibile e sarebbe ancor più interessante ed esplicativa della qualità di gestione della banca l’osservazione delle rettifiche effettuate nel tempo al manifestarsi delle sofferenze.

Se nel tempo (come evidente nel caso Popolare Vicenza e non solo) le rettifiche non sono state fatte almeno nella misura analoga ai valori del sistema bancario, delle due l’una: o la banca è stata effettivamente molto brava nella allocazione del credito (cosa di cui comunque tocca dubitare con un atteggiamento critico alla San Tommaso) oppure il management si è indotto a momentanea vita facile per l’abbellimento del bilancio corrente e di archiviazione momentanea sotto il tappeto di problemi (il crescere delle sofferenze) che comunque tendono a non risolversi da sole ma ad aggravarsi.

Il valore delle rettifiche dei crediti deteriorati si trova nei bilanci e nelle trimestrali della banca di cui si vuole controllare l’affidabilità. Attenzione: solo le banche quotate in borsa pubblicano relazioni trimestrali.

Se si vuole onestamente leggere in questi eventi una lezione per le banche è che esse tornino a fare il mestiere dell’oculato e non troppo costoso finanziatore delle imprese e delle famiglie, gestiscano in maniera saggia ed oculata le proprie sofferenze e rifuggano dalla tentazione (in un certo senso suggerita dal regolatore, che in questo caso pare che indebitamente operi una sorta di invasione di campo di scelte che invece sono e devono rimanere imprenditoriali) per evitare di liquidare la relazione con il cliente con la liquidazione della sofferenza.

Cosa può fare il correntista

Concludendo, queste vicende impongono al correntista un diverso e più approfondita conoscenza della loro banca, della solidità di questa ma anche della sua efficienza e competitività sul mercato, come è estrapolabile dalla analisi dei costi della banca stessa non solo nell’ultimo anno ma almeno nei tre/cinque anni passati.

E poi, la fatica di calcolare i costi della propria banca può diventare anche l’occasione per una analisi comparativa di altre banche ed un eventuale opportunità economica nel cambio di banca.

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Alfonso Scarano